DI LAVORO, D’ESPERIENZE E DELLE SACRE SCELTE: D’AMORE

DI LAVORO, D’ESPERIENZE E DELLE SACRE SCELTE: D’AMORE

DI LAVORO, D’ESPERIENZE E DELLE SACRE SCELTE: D’AMORE

 

catene che saltano

DI LAVORO, D’ESPERIENZE E DELLE SACRE SCELTE: D’AMORE

C’è un passaggio indispensabile per comprendere il perno dei numeri fondamentali di una Mappa Numerologica, che è il Numero della Quintessenza: riguarda il passaggio tra il 4 e il 5 su cui abbiamo ampiamente portato l’attenzione in questi ultimi anni e su cui torniamo ora in chiusura di un anno 6, proprio perché ogni numero va osservato considerando da dove viene e verso cosa si sta muovendo.

Onoriamo il 6 dunque con le scelte, con l’amore che porta e con la ridefinizione del limite.

Secondo la sintassi d’esperienze che la successione delle unità espone, il 5 che è numero della Vita, della sperimentazione, del mutamento, della libertà, si basa sul lavoro del 4 che lo precede, fatto di responsabilità, di disciplina, di solidità e concretezza.

Per fare un buon lavoro sul 6 parliamo prima di lavoro (4) e di esperienze (5).

E non si procede nella successione evolutiva se il lavoro relativo a quella tappa non è svolto e l’esperienza acquisita.

Se non è compresa in pienezza semplicemente non funziona, e la Vita, con più o meno garbo – dipende da quanto vispi o ostinati siamo stati – se continuiamo a non sentire alza la voce e ce la ripropone, con altri attori, altri contesti, altre case, altri impieghi, altri compagni… e la stessa situazione da vivere, e pertanto è così che ci sta offrendo, invece, l’opportunità di dare una risposta nuova.

Non è una maledizione, è una benedizione, una garanzia in più per tornare al Cielo con la “missione compiuta”.

Abbiamo iniziato un Viaggio nella Numerologia che non ha nulla a che fare con l’accumulo di nozioni in più, ma è la condivisione di conoscenze e strumenti in più per lavorare, ma è il lavoro che è alla base, ed è un lavoro su di sé.

Non si tratta dunque di limitarsi a sapere, ma di fare, per essere, e vivere in un certo modo.

Quindi? A che cosa fare attenzione?

A tutto ciò che nel viaggio mi si offre di riconoscere e trasformare.

Dove?

Nelle piccole cose, nella quotidianità, ovunque.

Quando?

Continuamente.

Quindi ogni volta che qualcosa (un evento o qualcuno) mi sposta dal mio centro, che mi fa sentire un bisogno, una ferita, un fastidio intenso, un’emozione forte, ecco quello è il momento prezioso di stare.
Di starci dentro, completamente, fin tanto che riesco.
Senza disperdere dunque cercando consolazione o alleati, senza dar voce al fatto raccontandolo e facendolo così perdere d’intensità, o dinamizzando quel che facilmente non è altro che una personale rappresentazione. L’interpretazione che io ho dato ma che non è detto che sia una verità universale.
Sto, semplicemente sto, e osservo che cosa si è mosso, come mi sento, dove s’è appoggiato, che cosa rappresenta per me.

Naturalmente la pratica non si limita a quel che ci riguarda direttamente (cioè qualcosa che viene detto o fatto a me) abbraccia anche quel che agisce per risonanza, di cui sono spettatore e che innesca in me un bisogno di mediazione, di protezione, di difesa, di consolazione, di dire o fare qualcosa, di intervenire.
De
ve essere chiaro che questo può indurre una deviazione.
Deve essere chiaro che questo può rappresentare l’interruzione di un processo avviato e la sottrazione d’una esperienza, che poteva essere preziosa per l’altra persona. Insomma, che si può bruciare un’opportunità.

È evidente che se sto camminando con un’amica che scivola e cade l’aiuto a rialzarsi, e non inizio l’analisi del perché mai sia scivolata, e perché mai proprio io fossi con lei giusto in quel momento, e perché io abbia avuto questo impulso irrefrenabile di soccorrerla.
Un altro esempio: è ovvio che se sono a teatro e un attore scivola dal palcoscenico lo soccorro, ma se la pièce a cui sto assistendo mi muove delle emozioni, per quanto forti possano essere, non entro certo in scena!

Ecco, stiamo osservando: osservo per riconoscere tutte le volte in cui il mio intervento non è richiesto ma un bisogno mi spinge ad agire. E sto osservando che cosa si muove in me, che sia per fatto diretto o indiretto – cioè per risonanza – è così che sto sviluppando l’Osservatore, che è neutrale.
La parte che si limita a osservare. Senza giudizio.
Un onesto Lavoratore osserva, prende coscienza, rettifica. 

Ed ecco che io, essendomi concesso l’opportunità di prenderne coscienza, sono libero di scegliere di cominciare ad agire, se necessarie, le opportune rettifiche.
La guarigione ha avuto inizio.

Non lo faccio?
Se non lo faccio non succede nulla, ho però perso l’opportunità di trasformare in oro un po’ di piombo, che mi toccherà di trasmutare più in là, forse.
Che si tratti di un’allegoria è evidente a questo punto del viaggio, e non è una questione fisica e materica, ma succede ogni volta che lavoro in me su ogni piano, anche per governare i pensieri che mi pensano.

In questo viaggio, di tappa in tappa, siamo tutti invitati a restare disposti al Lavoro, non fissiamoci sulla personalità, è lei che si sente scalfita e che per l’appunto prende le cose in modo “personale”, stiamo sui fatti e ci sia chiaro che siamo Compagni di Viaggio che, per un certo tempo, condividono lo stesso vascello, in quello stesso mare che condividiamo tutti, da sempre.

Con amore,
Alessandra Pizzi 

 

(immagine dal web)

2 Responses to "DI LAVORO, D’ESPERIENZE E DELLE SACRE SCELTE: D’AMORE"

  • … attraverso questa dichiarazione, hai reso concreto ciò che negli ultimi mesi . rifletto continuamente: sono diventata osservatore di me stessa . Tutto quello che accade , quotidianamente, le interazioni , gli incontri con persone o situazioni , si “animano “ da questo mio guardare in silenzio. Quel silenzio mi dà risposte , e spesso non ho ancora il coraggio di ascoltarle.. Ovviamente mi si ripropongono, magicamente ( quel Dio più testardo di me) attraverso persone , situazioni nuove…
    Grazie con sincera stima e amore,
    BIAGIA

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